Centro Storiografico

“Museo di S.Osvaldo”

Un santo inglese a Sauris

Il Museo di S. Osvaldo, ospitato nella canonica di Sauris di Sotto/Dörf, è sorto per documentare la storia della comunità, in particolare attraverso le vicende legate al culto di S. Osvaldo e all’omonimo santuario. Nato nel 604, Osvaldo fu re del Northumberland, una regione dell’Inghilterra settentrionale, all’epoca in cui la Gran Bretagna veniva evangelizzata. Convertitosi al Cristianesimo, con l’aiuto del vescovo Aidano evangelizzò il suo popolo. Fu umile e generoso, soprattutto con i poveri. Morì nella battaglia di Maserfield il 5 agosto 643, ucciso dal re pagano Penda. Le virtù di Osvaldo, unite alla morte violenta, alimentarono la fama di santità, dando origine a numerose leggende. Nella “Historia Ecclesiastica gentis Anglorum” del venerabile Beda, composta nell’VIII secolo, si racconta che l’intercessione di Osvaldo avrebbe liberato da un’epidemia di peste il monastero di Selsey, nel Sussex. Nel corso del Medioevo il racconto di Beda si arricchì di nuovi elementi. In un manoscritto del XII secolo la figura di Osvaldo acquistò i lineamenti ideali di un cavaliere medioevale: bellezza d’aspetto, vigore fisico, eroismo, saldezza nella fede. Egli assunse anche i tratti del re salvatore: ritenendo causata dai suoi peccati un’epidemia che aveva colpito il suo regno e caduto egli stesso malato, con le sue preghiere guarì e fece cessare il morbo. La vicenda di Osvaldo assunse altri risvolti leggendarii nei racconti sviluppatisi nei paesi germanici. In un poema del XV secolo Osvaldo è l’eroe che riesce a conquistare e sposare la figlia di un re pagano con l’aiuto di un corvo parlante, che porta alla principessa i messaggi di Osvaldo e l’anello di fidanzamento.

Iconografia

In questo e negli altri racconti è rintracciabile l’origine dell’iconografia di S. Osvaldo che si ritrova a Sauris/Zahre e nei luoghi del nord-est d’Italia ove il suo culto è presente. Essa è ben rappresentata nella statua processionale, nell’altar maggiore e nella pala d’altare di Gian Francesco Comuzzo, nel santuario di Sauris di Sotto/Dörf. S. Osvaldo indossa la corazza da soldato, che ricorda il suo martirio, e le insegne regali: la corona, lo scettro, il mantello purpureo. Ma l’attributo che rende inconfondibile il santo è il corvo con un anello d’oro nel becco, generalmente appoggiato sulla mano sinistra.

Culto di S.Osvaldo

La devozione per S. Osvaldo a Sauris/Zahre è legata alle origini della comunità. I primi abitanti portarono con loro dalla terra d’origine, oltre alla lingua e alle tradizioni, anche il culto per questo santo, che nel corso del Medioevo si espanse dall’Inghilterra ai paesi di lingua tedesca, prendendo piede in particolare nell’area alpina. E’ possibile che la reliquia stessa conservata a Sauris/Zahre (secondo la tradizione il dito pollice) sia stata portata dai fondatori della comunità. A partire almeno dal XVII secolo il santuario di Sauris divenne un centro devozionale di una certa importanza nell’area veneto-friulana. Le pergamene conservate nell’Archivio parrocchiale, L’esposizione illustra alcuni aspetti e fasi di questa devozione. 

L’esposizione

Nell’allestimento del museo numerose riproduzioni fotografiche testimoniano l’evolversi dell’iconografia in Italia e nel mondo tedesco, e una mappa riporta la diffusione del culto in Europa. Nella prima vetrina, le pergamene del ’400 e del ’500, provenienti dall’Archivio parrocchiale, documentano la consacrazione delle chiese di Sauris, la concessione di indulgenze a chi le avesse visitate, la conferma del giuspatronato popolare, cioè il diritto della comunità di eleggere il proprio parroco, diritto esercitato formalmente a Sauris fino agli anni ’70. Alcune gigantografie riproducono mappe del ’700, illustranti il territorio saurano, con particolare riguardo ai boschi, così importanti nell’economia della Repubblica Veneta, di cui Sauris faceva parte. Per capire come la valle dovesse apparire ai pellegrini che giungevano dalla pianura, è illuminante il “diario di viaggio” di un signore della Frattina (vicino a Portogruaro), che nell’agosto 1683 così descriveva il suo arrivo a Sauris: «Quella villa situata in mezzo le montagne, sempre trema di freddo: pare che vi alberghi l’Inverno. Solo il mese di maggio il terren si riscalda; et allora seminano i formenti, segalle e fave. Al nostro arrivo il formento era verde come le fave; le segalle tagliate, ma guardate dagl’orsi, che se le mangiano». 

Altre vetrine sono dedicate alle argenterie e ai paramenti sacri. Molti di questi oggetti sono ex voto, donati in particolare dai fedeli veneziani. Una bella serie di croci astili, pissidi, calici, reliquiari, candelieri in argento documenta la devozione degli orefici di Venezia, la cui corporazione aveva eletto S. Osvaldo come protettore. Una coppia di candelieri reca il nome del donatore (Ser Andrea da Mulla) e la data 1726. Di fabbricazione veneziana è anche il reliquiario a fanale del ’600 contenente la famosa reliquia di S. Osvaldo. Un reliquiario in rame dorato del ’400, con smalti blu e bianchi, è invece opera di una bottega friulana o veneta, influenzata dallo stile del famoso orefice udinese Niccolò Lionello. La presenza, tra questi oggetti, di un ostensorio e di un reliquiario di manifattura tedesca dimostra che tra i pellegrini che frequentavano il santuario c’erano anche i cramârs, commercianti ambulanti che dalla Carnia raggiungevano i paesi d’oltralpe.

I paramenti sacri coprono un arco di tempo che va dal XVII al XIX secolo e documentano l’evolversi dei motivi decorativi, del gusto, dello stile. Provengono da manifatture friulane, veneziane, francesi e presentano le principali tecniche di tessitura e ricamo: broccatelli, lampassi, damaschi, rasi. Anche per i paramenti è possibile risalire talvolta ai donatori, come nel caso della pianeta donata “da divoti veneziani l’anno 1750”, o di quella con lo stemma papale ed il simbolo dell’ordine dei Domenicani (un cane con una fiaccola in bocca), appartenuta a papa Benedetto XIII e donata dal suo successore, Benedetto XIV, tramite il Cardinale Comucio, che era andato dal Sommo Pontefice a invocare l’indulgenza plenaria per i pellegrini che si recavano a Sauris.
Altri ex voto testimoniano una devozione più “povera” nei materiali e nelle dimensioni degli oggetti, ma non meno fervida, come gli ex voto anatomici (braccia, gambe) o i quadretti in legno. Interessanti sono due tele del ’600, che raffigurano episodi della vita di S. Osvaldo e sono un esempio di “ex voto aperto”, in quanto lasciano una striscia a disposizione dei pellegrini che vogliono apporvi una dedica.
Completa l’esposizione un presepe del ’700 in cera e stoffa, nel quale spiccano per lo sfarzo delle vesti e la cura dei dettagli le figure dei Re Magi.

Orari di apertura / Öffnungszeiten

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